Intervista a Leandra, fondatrice di Tempus Amoris

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Come nasce Tempus Amoris?

“Tutto è iniziato con un viaggio alle Mauritius nel febbraio del 1998. La mia ultima figlia aveva solo due mesi e i miei grandi 8, 10 e 12 anni. Passeggiando mi imbattei in un negozio, si chiamava Le petit filles modèles, vendeva vestiti per bambini e avrei comprato tutto. E forse in effetti comprai molto. Michel Abad, il titolare, prima mi scambiò per una francese poi mi raccontò che aveva bloccate alla dogana di Roma 200 camicette da notte ricamate con il punto smock e mi propose di comprarle. Io, che nella vita facevo tutt’altro, inizialmente titubante ne presi tre campioni in prova e tornata a Roma li proposi nei negozi. Accettarono. Da lì iniziai con le produzioni, prima all’ingrosso, poi anche al dettaglio. Con una fiera a Milano cominciai a vendere in tutta Italia. Da l’Albero di viale Romania a Roma, a Napoli a via dei Mille, passando per Milano con Baby Motta. Poi le divise per le scuole private di Roma. Così è nata Tempus Amoris.

Dalle scelte dei tessuti ai modelli classici di una volta. Hai vestito una generazione di bambini. A chi ti sei ispirata per le tue creazioni?

I tessuti con cui ho lavorato fin dall’inizio erano principalmente spagnoli. Andavo per fiere, sceglievo i tessuti che nel caso delle mie collezioni erano sempre di primissima qualità, puri lana e cotone. La parola chiave che mi ha sempre ispirata è senz’altro la tradizione. Pensavo che avrei voluto vestire i miei figli con gli stessi abiti che portavamo io e i miei fratelli. Per le mie creazioni spesso mi capitava di portare nei laboratori modelli di quando ero piccola, come mi capitò per i vestiti da battesimo, impossibili da trovare. Mia nonna amava ricamare delle meravigliose copertine e mi sono ispirata anche a quelle.

Negli anni i bambini sono cambiati molto e anche il loro modo di vestire. Cosa ne pensi?

Io ho sempre pensato che la cosa più importante è la qualità del tessuto. Se hai un buon tessuto, nulla ti vieta di mettere un vestitino punto smock in lavatrice. Esattamente come ci si metterebbe un jeans, con la differenza che quest’ultimo per un bambino è decisamente più scomodo. In tutti i casi difficilmente mi sono lasciata influenzare da quello che dicevano gli altri, dalle mode del momento o dai pregiudizi sul vestire bene i propri figli. Il gusto classico non passa mai.

Ora il testimone passa alle tue bambine ormai divenute donne. Cosa si prova?

Sicuramente tanta felicità. Sapere e vedere che le mie figlie sono guidate dalla stessa passione che condusse me, mi fa pensare che potranno superarmi. Cosa che mi rende realmente fiera. Io credo che il momento che hanno scelto per rilanciare il marchio è sicuramente il migliore. Inoltre sono certa che con l’e-commerce faranno un grande salto di qualità.

Cosa auguri ad Alessia e Domitilla e quale consiglio vuoi dargli?

Il consiglio che gli do è quello di superarmi. Con le tecnologie di adesso lo faranno senza dubbio e il mio auspicio è che dopo aver appreso qualcosa da me possano insegnarmi qualcosa anche loro. Come in uno scambio alla pari. Gli consiglio di non lasciarsi influenzare per le collezioni, soprattutto nei colori. Mai avere paura dei colori. Che poi anche quello è merito della nonna.

F.C.

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